Fiabe e linguaggio della fantasia: ruolo nello sviluppo psicologico e affettivo del bambino

Fiabe e linguaggio della fantasia: ruolo nello sviluppo psicologico e affettivo del bambino

 

  • La fiaba oggi 

La fiaba abita il regno dell’immaginazione, solitamente posta in relazione, se non opposizione, alla logica e alla razionalità. Di conseguenza, spesso si contrappongono anche le caratteristiche che si pensa siano proprie della fiaba e della razionalità: evanescenza e fantasia vs realismo e oggettività.

L’oggettività è sicuramente rassicurante, ma si possono contattare oggettivamente le proprie emozioni? Si possono misurare le angosce personali, i nostri timori più inconsci? Infine, se anche fosse possibile quantificare e oggettivare con precisione le nostre angosce, in che misura questo migliorerebbe la comprensione del nostro mondo interiore? 

In tal senso, accade spesso che un bambino troppo assorto nei suoi pensieri e nel suo mondo, fatto anche di fantasie, possa destare preoccupazioni (a casa come a scuola) e il timore inconfessabile di chissà quali future patologie psicologiche.

In realtà, e molto più concretamente di quanto si pensi, la fiaba può fornire uno strumento per fortificare, dare una direzione e far crescere e articolare il linguaggio emotivo del bambino. 

Oggigiorno, alcuni genitori si pongono innanzi al bambino pretendendo che la sua mente funzioni esattamente come la propria, ma la comprensione più matura che possiamo avere di noi stessi e del mondo, come le nostre idee sul significato della vita, si sono sviluppate “lentamente”, così come fa il corpo, e i bambini hanno diritto a quella stessa lentezza.

Uno dei compiti più importanti per un genitore nell’allevare i propri figli, ora come in passato, è quello di guidarli nel trovare un significato alla vita. Per arrivare a ciò il bambino, crescendo, deve imparare sempre più a conoscere se stesso e a capirsi meglio.

Questo processo porta con sé il beneficio di divenire anche capace di comprendere maggiormente le altre persone, entrando in relazione con gli altri in una modalità soddisfacente per entrambe le parti, e cosa forse ancora più importante, anche significativa.

  • Alcuni aspetti psicologici della fiaba “popolare”

Di tutta la letteratura per l’infanzia niente può arricchire, ma anche divertire, adulti e  bambini, come la fiaba popolare.  A un livello più superficiale e manifesto sembra quasi che queste fiabe possano dire poco all’attuale società moderna, tuttavia, pur essendo state create in un tempo ormai remoto, possono essere rivelatrici dei problemi interiori che affliggono gli esseri umani e delle loro soluzioni.

Il bambino, inizialmente, non ha i mezzi per poter dare veramente un senso a quanto accade nel mondo e tutto ciò spesso gli appare sconcertante. Il bambino deve esser aiutato a trovare un senso al “tumulto dei suoi sentimenti” e per farlo ha bisogno di mettere ordine fuori e dentro di sé.

A tal proposito, Bettheilm¹ sottolinea, applicando il modello psicoanalitico della personalità, come le fiabe portino con sé messaggi importanti alla mente conscia e inconscia, a qualunque livello stiano funzionando in un quel dato momento nel bambino. Le storie narrate nelle fiabe fondamentalmente si occupano di problemi umani ritenuti universali, in particolar modo di quelli che preoccupano la mente del bambino in crescita. Le fiabe quindi possono parlare al suo Io, incoraggiarne lo sviluppo, placando al contempo le sue angosce.  Il bambino nel suo processo di crescita si trova di fronte a diversi problemi psicologici: deve superare delusioni narcisistiche (es. “non sono l’unico al mondo e unico oggetto di amore e attenzione”), dilemmi edipici, rivalità fra fratelli, deve abbandonare la totale dipendenza per conseguire la propria individualità, ecc.

Per poter risolvere tali problemi, il bambino deve comprende quanto accade nella sua individualità cosciente, soprattutto per poter affrontare anche ciò che accade nel suo inconscio. Il bambino può arrivare a questa conoscenza e quindi alla capacità di affrontare se stesso, non mediante una conoscenza razionale del suo inconscio, quanto “familiarizzando” con esso.

L’autore suggerisce come avvenga questa familiarizzazione: “intessendo sogni ad occhi aperti”.  Inoltre, la forma e la struttura delle fiabe suggeriscono al bambino delle immagini con le quali egli può dare struttura ai propri sogni “ad occhi aperti”.

In sintesi, secondo l’autore, i bambini trovano le fiabe popolari più soddisfacenti di tutte le altre storie per l’infanzia perché queste parlano alle grandi pressioni interiori del bambino in un modo che il bambino inconsciamente comprende e nel punto in cui il bambino realmente si trova in un dato momento, nei suoi aspetti psicologici ed emotivi.

  • Le fiabe e l’inconscio

Nel bambino (così come nell’adulto), l’inconscio è un potente fattore in grado di determinare il comportamento. Questo è caratterizzato da immagini, simboli, pulsioni e da tutto ciò che non supera la soglia della coscienza. Non vi è tuttavia un muro tra conscio e inconscio, questi comunicano in svariati modi, ad esempio messaggi inconsci possono arrivare alla coscienza tramite sogni complessi e altamente simbolici.

L’inconscio, inoltre, sembra essere dotato di una propria energia e quando viene represso e viene negato l’accesso al suo contenuto da parte della coscienza, può accadere che la mente conscia venga parzialmente sopraffatta dai derivati di tali contenuti. Quando tuttavia si permette al materiale inconscio di entrare nella coscienza, rielaborato dall’immaginazione, si riduce di molto la probabilità che questi sia dannoso per se stessi e per gli altri.

Malgrado ciò molti genitori possiedono la convinzione che sia meglio distrarre un bambino da ciò che lo turba maggiormente, come le sue ansie senza forma e nome o le sue fantasie colleriche, a tratti persino violente. Si predilige spesso in tal senso una visione edulcorata della realtà o immagini unicamente piacevoli, come se il bambino dovesse essere esposto solo al lato bello delle cose. Questo tuttavia alimenta la mente del bambino in un unico senso e purtroppo la vita reale non è “tutta rosa e fiori”.

Una parte di noi vorrebbe far credere ai bambini che tutti sono intrinsecamente buoni, ma essere “buoni” è una scelta quotidiana, una conquista su se stessi, raramente un patrimonio genetico ricevuto in dotazione alla nascita, scevro da influenze esterne o impulsi interiori.

Agire come se il lato oscuro dell’uomo non esistesse equivale a rimuovere e negare contenuti più inconsci, che tuttavia non smettono di esistere. Inoltre, gli stessi bambini provano impulsi aggressivi e violenti, forti gelosie o un’angoscia terribile per ciò che non comprendono o di cui hanno paura. Non riconoscere questi aspetti può far credere loro di avere qualcosa di sbagliato, di essere sbagliati.

La fiaba prende molto sul serio le ansie e i dilemmi esistenziali, ispirandosi direttamente ad essi, offrendo al tempo stesso soluzioni in una modalità che il bambino può comprendere in base al livello intellettivo raggiunto in un dato momento. Il beneficio della fiaba sta proprio nel fatto che consente al bambino di vivere determinate emozioni in modo protetto, senza esserne direttamente il protagonista, sicuri della vicinanza di un genitore, che con la sua voce accompagna l’esperienza.

A tal proposito sono molto belle le parole di Rodari sulla vicinanza genitore e figlio nella lettura di una fiaba:

“La voce della madre non gli parla solo di Cappuccetto Rosso o di Pollicino: gli parla di se stessa. Un semiologo potrebbe dire che il bambino è interessato, in questo caso, non solo al “contenuto” e alle sue “forme”, non solo alle “forme dell’espressione”, ma alla “sostanza dell’espressione”, cioè alla voce materna, alle sue sfumature, volumi, modulazioni, alla sua musica che comunica tenerezza, che scioglie i nodi dell’inquietudine, fa svanire i fantasmi della paura.”  

Gianni Rodari – Grammatica della fantasia

  • Identificazione con l’eroe e sviluppo della morale

Nelle fiabe, il male non è privo di attrattive, simboleggiate ad esempio da un potente drago, e spesso il cattivo ha per un certo tempo la meglio.

In tante fiabe l’usurpatore riesce persino a prendere il posto destinato di diritto all’eroe per un certo tempo. Ciononostante, non è il fatto che alla fine della storia il cattivo venga punito ad avere una valenza di educazione morale, anche se ne è una parte. Ciò che colpisce davvero il bambino non è il fatto che la punizione (o la paura di essa) sia un deterrente per il crimine, seppur temporaneo. Ciò che si va a rafforzare dentro di lui è l’idea che il delitto “non paga” e questo rappresenta un deterrente ancor più efficace.

Lo sviluppo di una morale nel bambino, non sarà promossa dal fatto che alla fine la virtù trionfi, quanto piuttosto dall’identificazione del bambino con l’eroe della sua storia e con le sue lotte.

A favorire tale identificazione vi sono diversi elementi nella fiaba, ma ne citerò solo alcuni:

  •  il fatto che questa, a differenza del mito, non abbia come protagonisti eroi dai poteri sovrumani, ma persone comuni che diventano eroi, grazie all’incoraggiamento di doni “magici” e qualche aiutante, ma soprattutto  dopo aver vinto terribili prove
  • Inoltre, nelle fiabe i personaggi non presentano ambivalenze: non possono essere buoni e cattivi allo stesso tempo. Questo facilita la comprensione del bambino, poiché la polarizzazione domina la sua mente. I caratteri opposti NON vengono affiancati per mettere in risalto il giusto comportamento, quanto per permettere al bambino di comprendere facilmente la differenza tra le due cose. Le ambiguità dovranno attendere una mente più matura e una personalità più solida (basata su identificazioni positive), per poter essere prese in considerazione realmente. Questo permette al bambino di avere una base per comprendere che esistono grandi differenze fra le persone e che pertanto bisogna operare delle scelte. Inoltre, più un personaggio buono è caratterizzato da semplicità e schiettezza,  più facilmente il bambino vorrà identificarsi con lui, respingendo quello cattivo.

Alla fine della storia, il bambino non s’interrogherà sulla decisione di voler essere buono, ma si chiederà “Come chi voglio essere?”. Pertanto si può affermare che “la fiaba, mentre intrattiene il bambino, gli permette di conoscersi e favorisce lo sviluppo della sua personalità” (Bettelheim, Il mondo Incantato).

Il messaggio essenziale e prezioso che le fiabe danno ai bambini (in molteplici forme) è:

“che una lotta contro le gravi difficoltà della vita è inevitabile, è una parte intrinseca dell’esistenza umana, che soltanto chi non si ritrae intimorito ma affronta risolutamente avversità inaspettate e spesso immeritate può superare tutti gli ostacoli e alla fine uscirne vittorioso” (Bettelheim, Il mondo Incantato)

Note:

¹Bruno Bettelheim (1903 – 1990) è stato uno psicoanalista austriaco naturalizzato statunitense, superstite dell’Olocausto. Di origini ebraiche, si rifugiò negli Stati Uniti, dove gli fu concessa la cittadinanza. Si occupò di psicologia dell’infanzia e si interessò in particolare all’autismo.

 

Per approfondire:

  • Bruno Bettelheim, Il mondo Incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe. Feltrinelli
    Collana: Universale economica. Saggi
  • Gianni Rodari, Grammatica della fantasia. Torino, Einaudi 1973

 

BUONE FIABE A TUTTI!:)
Giulia Simone

Sono psicologa e psicoterapeuta espressiva specializzata in arte terapia e lavoro con bambini, adolescenti, gruppi e adulti. Mi occupo di consulenza e sostegno psicologico in molteplici ambiti (relazionale, familiare, scolastico e genitoriale), percorsi di psicoterapia e conduzione di gruppi di arte terapia. Nel mio lavoro includo l’utilizzo di materiali artistici per favorire l’attivazione del proprio processo creativo e sfruttare il potere insito nello sviluppo della propria creatività.

By | 2020-01-23T23:03:58+00:00 gennaio 23rd, 2020|

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